Topolino libero, scaduti i diritti di proprietà intellettuale della Disney. Quali i possibili effetti sul brand equity?
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Secondo le leggi statunitensi il diritto d’autore delle opere registrate dopo il 1923 può essere protetto per un massimo di 95 anni, ed è così che a partire dal 2024 la versione originale di Topolino è di dominio pubblico consentendo, in linea teorica, ad artisti e creativi di reinterpretarla, sovvertirla e trattarla come se fosse di eredità comune.
La liberalizzazione in questione riguarda, però, la sola versione del 1928, apparsa nel cortometraggio “Steamboat Willie“. Qui Topolino è lontano dalla rappresentazione ai più familiare, poiché non parla, ha occhi completamente neri e non ha guanti sulle mani.
Tutti i design successivi del celebre roditore rimangono, invece, sotto il copyright della Disney.
Ciò rappresenta, per la celebre casa d’animazione, un significativo cambio di rotta rispetto alla feroce protezione attuata sul proprio diritto d’autore, anche attraverso il “Copyright Act” del 1976 e il “Sonny Bono Copyright Term Extension Act del 1998 (soprannominato, “Mickey Mouse Protection Act” proprio per il forte apporto dato dalla Disney nella sua stesura).
È pur vero che l’open – sourcing, anche se limitato, di Topolino potrebbe tradursi in reinterpretazioni non sempre coerenti con l’immagine “salubre” che la Disney ha costruito, difeso ed instillato nel pubblico negli anni, portando ad una progressiva diluizione del marchio.
Ed infatti, lo sfruttamento distorto della prima versione di Topolino è già in atto: emblematico è il trailer del film horror diretto da Jamie Bailey e intitolato “Mickey’s Mouse Trap”, in cui un killer mascherato ha le fattezze proprio del primo Mickey Mouse.
In altre parole, la Disney corre il rischio di vedere compromessa e progressivamente erosa la coerenza del suo brand e più in particolare, dell’immagine del suo iconico “capostipite”, così come le percezioni e le associazioni – generalmente positive – che il pubblico storicamente imputa agli stessi (in marketing questo concetto è noto come brand equity).
Quale strategia adottare, allora, contro questa deriva creativa? Da un lato la Disney dovrebbe continuare a proteggere il marchio “Topolino”, quantomeno nelle sue versioni non liberalizzate, avvalendosi degli strumenti normativi già citati; dall’altro potrebbe impegnarsi a sponsorizzare tutte le reinterpretazioni creative (relative, invece, alla versione liberalizzata) che siano coerenti con i propri valori storici, tenendo sempre presente il celebre motto: «Se puoi sognarlo, puoi farlo».
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