La Direttiva “Case Green”: un importante tassello nel piano europeo di neutralità energetica.
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Lo scorso 12 Aprile la Commissione Europea ha adottato, in via definitiva, la direttiva rafforzata sulla prestazione energetica nell’edilizia – ulteriore tassello nel più ampio quadro normativo del Green Deal e della così detta Renovation Wave – che mira a ristrutturare e migliorare l’efficienza energetica di milioni di edifici in tutta l’UE, sia residenziali che non residenziali.
Questo ambizioso progetto terrà, comunque, conto delle specificità di ogni singolo Stato membro il quale sarà, infatti, chiamato a scegliere quali specifiche misure adottare e su quanti e quali edifici concentrarsi.
LE PREMESSE: IL GREEN DEAL EUROPEO.
Per comprendere il background normativo della Direttiva esaminata è, senz’altro, necessaria una breve disamina del Green Deal Europeo.
Trattasi di una delle strategie più ambiziose promosse dall’Unione Europea, con l’obiettivo specifico di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
Questo mastodontico programma, come è ovvio che sia, è stato concepito come risultato di una serie di più piccoli step intermedi mirati a conseguire:
a) La riduzione delle emissioni di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.
b) La creazione di un’economia circolare europea, in cui i prodotti e i materiali siano riutilizzati, riparati e riciclati il più possibile, riducendo così i rifiuti e l’uso delle risorse naturali.
c) L’incentivazione dell’agricoltura sostenibile e a chilometro zero (“From Farm to Fork”), promuovendo pratiche agricole che riducano l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici e migliorino il benessere animale.
d) La protezione della biodiversità negli Stati membri.
e) La transizione verso fonti di energia pulita e rinnovabile, come quella solare, eolica, idroelettrica e, in misura minore, nucleare.
f) La promozione della mobilità sostenibile e l’incremento degli investimenti nel trasporto elettrico.
g) E, per quanto qui interessa, la ristrutturazione degli edifici pubblici e privati per renderli più efficienti dal punto di vista energetico.
In parole povere, il Green Deal è stato pensato per trasformare radicalmente l’economia dell’UE, rendendola più sostenibile, affrontando le sfide del cambiamento climatico e proteggendo l’ambiente, il tutto promuovendo la crescita economica e migliorando la qualità della vita dei cittadini nei singoli Stati Membri.
LA DIRETTIVA CASE GREEN: L’ECO – GUERRA CONTRO LO SPRECO ENERGETICO.
Come tassello essenziale del più ampio Green Deal, la Direttiva in parola mira a ridurre al minimo il consumo energetico del parco immobiliare europeo che, ad oggi, rappresenta circa il 40% del consumo energetico totale dell’UE ed il 36% delle emissioni di CO2.
L’efficientamento energetico, nelle intenzioni del legislatore comunitario, passa per la ristrutturazione degli edifici già esistenti e per il rispetto di standard minimi di prestazione energetica per gli edifici di nuova costruzione.
In particolare, gli edifici già esistenti dovranno essere ristrutturati in maniera tale da ridurre il consumo del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035.
In tale ottica, la direttiva incoraggia l’uso di materiali sostenibili e di tecnologie innovative, promuovendo l’adozione di soluzioni come l’isolamento termico avanzato ed sistemi di riscaldamento e raffreddamento a basso impatto ambientale.
Un punto nodale resta anche la promozione dell’energia solare, tant’è che entro il 2030 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione dovranno montare pannelli solari di nuova generazione mentre, per ciò che concerne gli edifici residenziali, il legislatore europeo demanda ai singoli Stati membri l’attuazione di politiche e misure nazionali mirate.
UNO SFORZO ECONOMICO TITANICO.
In totale, la Commissione Europea ha stimato che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare, ovvero 152 miliardi di euro di investimenti all’anno in più rispetto alle risorse attuali.
Un vero e proprio sforzo titanico che, però, non vuol gravare ulteriormente sulle casse Statali ed, in via indiretta, sulle tasche dei contribuenti.
Ed infatti, per supportare la transazione e la ristrutturazione degli edifici energeticamente obsoleti, gli Stati membri potranno contare su diversi strumenti di finanziamento e incentivi preesistenti nell’Unione, tra i quali il programma Invest EU (creato in piena pandemia, quale seguito ideale del Fondo Europeo per gli investimenti strategici) il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale.
IL CASO INGLESE: LO STATO (NON TROPPO) RIBELLE E LA NORMATIVA GREEN EXTRA – EUROPEISTA.
Seppur la Brexit abbia allontanato l’Inghilterra – ed altri Stati del Regno Unito – dall’orbita Europeista, ciò non implica che lo “Stato Ribelle” sia indifferente alle grandi tematiche ambientali che scuotono tutto il mondo.
Il governo britannico, infatti, ha annunciato una serie di iniziative per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, simili, in numerosissimi punti, a quelle del Green Deal Europeo.
In particolare, può essere interessante citare:
a) L’Energy Performance of Buildings (England and Wales) Regulations 2012: Questa normativa stabilisce i requisiti per la certificazione energetica degli edifici e la conformità agli standard minimi di efficienza energetica.
b) Il Green Homes Grant Scheme: Sebbene terminato nel 2021, questo schema ha fornito sovvenzioni ai proprietari di case per migliorare l’efficienza energetica delle loro abitazioni. Ha rappresentato un esempio significativo di come il governo ha cercato di incentivare le ristrutturazioni energetiche.
c) La Net Zero Strategy: Build Back Greener: Pubblicata nel 2021, questa strategia fornisce un piano dettagliato per raggiungere la neutralità climatica, includendo azioni specifiche nei settori dell’energia, dei trasporti, dell’agricoltura e delle costruzioni.
IL CASO ITALIANO: E’ TUTT’ORO QUEL CHE LUCCICA?
Il Green Deal Europeo, pur essendo un’iniziativa fondamentale per affrontare il cambiamento climatico e promuovere la sostenibilità nell’Unione, potrebbe presentare sfide particolari per alcuni Stati membri dell’UE, forse ancora impreparati a sopportare e supportare un cambiamento così radicale.
Fra tutti, può senz’altro considerarsi l’Italia, ove le disparità economiche ed infrastrutturali tra regioni del Nord e regioni del Sud – sulle quali grava pesantemente anche lo spettro della c.d. “Autonomia Differenziata” – potrebbero rendere la transizione più complessa ed articolata, con il rischio di non soddisfare i termini imposti dall’Europa.
A complicare il quadro nostrano, anche la presenza di un settore primario fortemente improntato sull’agricoltura e sugli allevamenti intensivi, che ha già mostrato – si veda la “Protesta dei Trattori” – le sue ritrosie verso politiche Europee incentrate ad un controllo della filiera sempre più stringente.
CONCLUSIONI.
Il Green Deal Europeo è una sfida ambiziosa che richiederà un notevole impegno da parte di tutti gli Stati membri. Tuttavia, i Paesi con una forte dipendenza dai combustibili fossili, risorse finanziarie limitate o economie meno diversificate potrebbero affrontare difficoltà particolari. Un sostegno adeguato e ben indirizzato da parte dell’UE sarà essenziale per garantire che nessuno venga lasciato indietro nella transizione verso un futuro più sostenibile.
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