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La responsabilità estesa del produttore (EPR): aspetti pratici e normativi

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Il tema del rispetto ambientale è stato da sempre al centro dei dibattiti in ambito sia comunitario che nazionale. Ebbene, al fine di prevenire la dispersione incontrollata dei rifiuti, è stato posto l’accento sull’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo della loro vita attraverso l’introduzione nell’ordinamento giuridico nazionale della c.d. responsabilità estesa al produttore.

Attraverso la Direttiva europea 851/2018, che ha modificato l’art. 8 della Direttiva 2008/98/CE (c.d. Direttiva Rifiuti), il legislatore comunitario ha imposto agli Stati membri di adottare politiche ambientali volte a responsabilizzare il produttore del prodotto, fino alla fase in cui lo stesso diventa rifiuto (c.d. fase post-consumo).

In Italia il D.L.vo n. 116/2020, attuando le direttive europee 2018/851 e la 2018/852 (c.d. “pacchetto economia circolare”), ha aggiornato il D.L.vo n. 152/2006, laddove gli articoli 178bis e 178ter fanno riferimento alla definizione stessa di E.P.R., ossia la responsabilità estesa del produttore (Extender Producer Responsibility). Secondo tale normativa è considerato produttore qualsiasi persona fisica o giuridica che in via professionale sviluppa, fabbrica, trasforma, tratta, vende o importa prodotti.

In altre parole, sarà il produttore a doversi preoccupare delle “sorti” dei propri prodotti (nella fase post-consumo) grazie al finanziamento di programmi di riciclaggio e gestione di rifiuti, introduzione di tasse o incentivi economici legati alla corretta gestione dei rifiuti, nonché l’obbligo di etichettare i prodotti al fine di informare i consumatori sulla loro corretta gestione.

Dunque, i produttori sono chiamati a internalizzare i costi del fine vita dei prodotti, includendo nel prezzo dei medesimi, sin dalla loro progettazione, tutte le misure finalizzate alla riciclabilità, riutilizzabilità e riparabilità del prodotto.

In sostanza, produttori e distributori devono contribuire alla gestione del rifiuto senza lasciare che l’onere ricada esclusivamente sui consumatori finali.

1.2 Quali cambiamenti sull’attività d’impresa.

Germania e Francia sono stati i primi due Stati membri in cui è entrata in vigore la normativa EPR.

Le imprese che esportano prodotti in Francia e Germania, dunque, sono già chiamate a conoscere nel dettaglio la normativa sulla responsabilità estesa del produttore, adeguandosi ai nuovi obblighi per continuare a vendere i prodotti, evitando sanzioni pecuniarie previste fino a 200.000 euro.

È necessario in primis effettuare una registrazione EPR presso l’Autorità dello Stato membro in cui si intende vendere, ottenendo il relativo numero di registrazione. In ogni singolo

Paese vi è una lista di categorie di prodotti che rientrano negli obblighi della normativa EPR.

Occorre poi effettuare una dichiarazione delle vendite dei prodotti che rientrano nella lista delle categorie EPR, e versare gli eco-contributi conseguenti calcolati in base alla tipologia di prodotto, alla categoria e quantità.

Inoltre, anche i più comuni marketplace si sono ormai adeguati alla normativa EPR, permettendo l’accesso all’e-commerce solo agli account dei venditori che dimostrano di essere in regola, tenuto conto che anche i distributori hanno l’obbligo legale di controllare che i rivenditori siano conformi alla citata normativa.

L’introduzione dell’EPR rappresenta un’importante accelerazione della politica ambientale comunitaria da cui risulta forte e chiara l’intenzione della Commissione Europea di disegnare un quadro normativo omogeneo e lineare per tutti i paesi membri.

Tuttavia, la complessità della normativa, unitamente al regime sanzionatorio previsto per coloro i quali non saranno capaci di adempiere ai nuovi obblighi, rendono necessario l’intervento di un professionista esperto nel settore che possa orientare produttori e distributori verso l’applicazione consapevole delle nuove norme, onde evitare danni economici o limitazioni operative.

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