IL MERCATO DELLA MODA: LA CADUTA DEI GIGANTI? UN’ANALISI COMPARATIVA TRA IL 2022 ED IL 2024.
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Un settore elastico
Il settore della moda è per antonomasia quello caratterizzato dal maggiore dinamismo e, ormai da anni, continua a cambiare, in costante oscillazione tra crescita esponenziale e più cauti ridimensionamenti.
La sua particolare tendenza “elastica” è emersa, del resto, dall’ultimo report dell’Area Studi Mediobanca, pubblicato il 1 febbraio 2024, ove l’istituto ha fornito una dettagliata analisi delle tendenze attuali e delle previsioni future, evidenziando come, dopo un 2022 da record e un 2023 in crescita moderata, il 2024 si profili come un anno di rallentamento e consolidamento.
2022: L’anno dei record
Nel 2022, le 80 maggiori multinazionali della moda hanno registrato risultati straordinari, con un fatturato complessivo di € 566 miliardi, con un incremento complessivo del 11,7% rispetto al 2021 e del 21,6% rispetto ai livelli pre pandemici.
Un incremento significativo rispetto agli anni precedenti, dunque, che ha evidenziato come il settore sia riuscito a riprendersi rapidamente dalle numerose difficoltà legate alla pandemia.
È bene osservare come questi risultati – secondo quel che emerge dal su detto report – siano attribuibili in gran parte alle aziende europee, con l’Italia che ha visto 12 tra i suoi principali players tra i protagonisti.
È pur vero che il primato per giro di affari è andato alla Francia (43% del totale europeo), seguiti da Germania (11%), Spagna e Regno Unito (10% entrambi), con l’Italia solo al 7% del totale europeo.
Il primato per ricavi è andato ai colossi del settore, come LVMH, Nike e Inditex, confermando come le grosse multinazionali – rispetto ai piccoli marchi – si distinguano per forza, resilienza e capacità di adattamento ai cambiamenti di mercato.
Basti pensare che la sola LVMH ha totalizzato € 79,2 miliardi in ricavi, seguita da Nike (€ 48,0 miliardi), Inditex che controlla, tra le atre, Zara (€ 32,6 miliardi), EssilorLuxottica (€ 24,5mld), Adidas (€ 22,5mld), Kering (€ 20,4mld, di cui € 10,5mld Gucci, € 3,3mld Yves Saint Laurent, € 1,7mld Bottega Veneta), H&M (€ 20,1mld), il gruppo svizzero Richemont (€ 20,0mld), quello giapponese Fast Retailing che controlla Uniqlo (€ 16.4mld) e Chanel (€ 16.1mld).
Prada è stata la prima tra le italiane al 33esimo posto con € 4,2 miliardi di ricavi, seguita da Oniverse (44esima posizione), Moncler (50esima) e Giorgio Armani (54esima).
2023: Una crescita più contenuta ma non per i marchi di lusso
Nel 2023, i principali player mondiali della moda hanno registrato un incremento del giro d’affari dell’8% nei primi nove mesi, con una crescita del 7% sull’anno precedente, quindi a un ritmo inferiore rispetto al 2022.
Dal punto di vista meramente geografico, il mercato della moda asiatico è stato quello che con la maggior crescita registrata (+9%), seguito a ruota da Europa: (+8%) e dal Nord America, in calo, dopo essere stata l’area più brillante nel 2022.
È interessante constatare come i gruppi che detengono i c.d. “marchi di lusso” abbiano registrato un incremento nel fatturato del + 9% trainando, praticamente da soli, l’intero settore.
A determinare la crescita della moda “Made in Italy” (comunque pari al + 6% rispetto al 2022) è stato soprattutto l’export e le vendite all’estero, con il mercato asiatico più dinamico e l’Europa positiva grazie ai turisti.
2024: L’anno del consolidamento
Dopo i fasti del passato, il 2024 vede un decisivo rallentamento della crescita, con pronostici che, sino allo scorso Gennaio, indicavano un tondo 4%.
Questa crescita, seppur più contenuta rispetto agli anni precedenti, può spiegarsi attraverso diversi fattori strategici:
- In primo luogo, l’aumento dei listini prezzi – già attuato nel corso del 2023 – sta contribuendo positivamente ai ricavi. Questo adeguamento dei prezzi è una risposta alle pressioni inflazionistiche e ai costi crescenti delle materie prime, nonché una strategia per mantenere margini di profitto stabili.
- In secondo luogo, l’accelerazione dei flussi turistici continua a giocare un ruolo cruciale. Con il miglioramento della situazione pandemica e la ripresa del turismo internazionale, si prevede un aumento significativo della domanda di beni di lusso da parte dei turisti, specialmente nei mercati europei e asiatici.
- In ultima istanza, il rafforzamento della supply chain ed il consolidamento della filiera da parte delle multinazionali della moda. Gli investimenti in tecnologie avanzate e in pratiche sostenibili continuano ad essere prioritari, con un’attenzione particolare alla riduzione dell’impatto ambientale e all’efficienza operativa. Questi investimenti non solo stanno migliorando la resilienza della catena di approvvigionamento, ma stanno contribuendo anche a soddisfare la crescente domanda dei consumatori per prodotti sostenibili e di alta qualità.
Uno sguardo al futuro prossimo: sostenibilità ed eticità dei prodotti
In sintesi, anche se il 2024 segna un rallentamento della crescita, il settore della moda rimane solido, pronto ad affrontare nuove sfide e a cogliere nuove opportunità, confermando che i giganti della moda sono tutt’altro che in caduta, ma piuttosto in una fase di trasformazione e consolidamento.
Infatti, stando alle stime del Bain & Company Luxury Study, l’industria dei beni di lusso personali potrebbe raggiungere entro il 2025 un volume pari a 360-380 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita sostenuta del 6-8% annuo.
È pur vero che questa crescita verrà accompagnata una sempre crescente attenzione alla sostenibilità ed all’eticità del prodotto, tematiche diventate topiche soprattutto tra la Gen Y e la Gen Z.
Questa tendenza “green” è stata ben intuita dai grossi marchi quali Stella McCartney (che già dal 2023 dichiara di realizzare “in maniera ecologica” più dell’80% dei suoi capi), Gucci (attiva da febbraio 2023 nell’avvio del primo hub per il lusso circolare in Italia, con l’intento di massimizzare l’utilizzo di materiali riciclati, la durabilità, la riparabilità e la riciclabilità dei prodotti a fine vita) Burberry, Prada (entrambe insignite nel 2023 del Corporate Standard Ethics Rating (SER) “EE“ che certifica il loro impegno in ambito green) e, uno fra tutti, Brunello Cucinelli (da sempre impegnato a bilanciare qualità artigianale del prodotto, sostenibilità, e processi produttivi etici).
L’onda green sarà, dunque, tematica onnipresente nelle strategie aziendali dei “giganti” della moda, forse divenuti più consapevoli del loro reale impatto sociale, all’ombra di una crisi economica ed ambientale che ha imposto al mercato un’ulteriore e più repentina evoluzione.
Insomma, i giganti sono caduti e si sono rialzati. Se non con nuove consapevolezze, almeno con ottime intenzioni per gli anni a venire.
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